Immaginazione
 

di Laura Rainone

L’arte è conoscenza, e in questo tempo sospeso lo è ancor di più, perché la sua forza permane anche laddove non è possibile il rapporto contiguo con l’opera, che esiste indipendentemente dalla percezione diretta. L’arte è anche il riflesso del sentire, dell’emozionare, dell’oltrepassare, dell’immaginare.
I luoghi della cultura, durante l’emergenza sanitaria causata dallo shock Covid 19, si rivelano ancora una volta essenziali per la conoscenza, e sopravvivono grazie alla bellezza e alla cura del loro patrimonio. E lo fanno anche attraverso la digitalizzazione. Il coinvolgimento del settore digitale nella fruizione dei percorsi museali ha permesso una prospettiva sicuramente interessante: è come aggirare quella sorta di limite dovuto alla “fisicità”, che non diviene comunque un sostitutivo alla diretta osservazione di un’opera d’arte, che rimane il modo più immediato di entrare in contatto con noi stessi e con la nostra memoria, ma concede ai musei la possibilità di reinventarsi. Ciò che deve entrare in gioco non è solo la vista, ma quella cosa così forte e complicata che è l’ immaginazione.
“In qualche modo devo giungere anch’io a fare cose, non plastiche, cose scritte – realtà che scaturiscono dall’arte. In qualche modo devo anch’io scoprire il più piccolo elemento fondamentale, la cellula della mia arte, il mezzo di rappresentazione tangibile, immateriale per ogni cosa. (Rainer Maria Rilke, da una lettera a Lou Andreas Salomé, 10 agosto 1903, in Lettere su Cézanne)

Scritto per “Inspiring Words” di Ainem

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