La confortevole dipendenza

Recensione libro, a cura di Laura Rainone

“Non v’è peggior spossessamento, peggior privazione, forse, di quella dei vinti nella lotta simbolica per il riconoscimento, per l’accesso a un essere sociale socialmente riconosciuto, cioè, in una parola, all’umanità”. Con questa citazione di Pierre Bourdieu, Zygmunt Bauman introduce il suo Consumo, dunque sono, del 2007, edito in Italia da Laterza.

Si parla di “società dei consumatori”, nella quale per diventare soggetti è necessario fare prima un passaggio, cioè trasformarsi in merce. In questa cosiddetta società, l’essere soggetto si sviluppa nel tentativo costante non solo di diventare ma anche di restare merce vendibile. “La soggettività dei consumatori, dice Bauman, è costituita da scelte di acquisto – scelte compiute dal soggetto e dai suoi acquirenti potenziali – e la sua descrizione assume la forma di lista della spesa”.

Se le merci implicano già nel proprio stato tutte le possibili risposte nei confronti delle domande del consumatore, da parte sua il consumatore è investito sempre più da quel fenomeno per cui è preferibile fare acquisti sul web anziché, come un tempo, nei negozi, luoghi questi dove è necessario assumersi la responsabilità del dialogo, e dove ogni espressione o sguardo rischia di lasciar trasparire emozioni nascoste. “Oggi, continua Bauman, in quest’epoca di computer da tavolo, palmari e telefoni cellulari […] non dobbiamo più preoccuparci della grande abilità del venditore nel leggere l’espressione sul nostro volto, né del suo potere di persuasione, né dei nostri momenti di debolezza”.

Quello che Bauman definisce il “fenomeno liquido – moderno” del consumismo è anche attraversato da una nuova concezione del tempo, e riprendendo la metafora di Michel Maffessoli, lo definisce non ciclico o lineare, secondo i termini cui siamo abituati, ma “puntinista”. Vuol dire che il tempo della società dei consumatori è discontinuo e in esso sono più significative le rotture, gli intervalli che separano gli elementi che gli elementi stessi.

In questa discontinuità, “non c’è spazio per l’idea di progresso come alveo vuoto del tempo che lentamente si riempie grazie alle fatiche umane […]. Ciascun momento, direbbe Benjamin, contiene potenzialità rivoluzionarie”. La società contemporanea parla agli individui soprattutto guardandoli come consumatori, e in tutto ciò i poveri, quindi i “non consumatori”, divengono indesiderati perché “non necessari”.

Avviandosi verso le ultime pagine, Bauman scrive: “E mentre l’acqua continua a passare sotto i ponti, il mondo com’era prima della rivoluzione thatcheriana è stato già quasi dimenticato dagli anziani e non è mai stato conosciuto dai giovani. A coloro che hanno dimenticato o che non hanno mai assaggiato la vita in quell’altro mondo sembra anzi che non esista alternativa al mondo attuale…o meglio, ogni alternativa è diventata pressoché inimmaginabile”.

Zygmunt Bauman, tra gli intellettuali più importanti del secondo Novecento, è stato colui che attraverso una propria e illuminata definizione ha parlato di “modernità liquida” e ha scritto tanti testi con riflessioni sulla post-modernità e la caduta delle ideologie.

Filosofo, sociologo, pensatore, è stato professore emerito nelle Università di Leeds e Varsavia.

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